Catone in Utica, Parigi, Hérissant, 1780

 AVVISO PER LA MUTAZIONE CHE SIEGUE
 
    Conoscendo l’autore molto pericoloso l’avventurare in iscena il personaggio di Catone ferito, tanto a riguardo del genio delicato del moderno teatro poco tollerante di quell’orrore che faceva il pregio dell’antico, come per la difficoltà d’incontrarsi in attore che degnamente lo rappresenti, cambiò in gran parte l’atto terzo di questa tragedia nella maniera che siegue. L’aggiunta di un tal cambiamento entra fra le prescrizioni dell’autore medesimo, da noi osservate esattamente come converrebbe che il fosser sempre da qualunque stampatore.
 
 SCENA V
 
  Luogo ombroso circondato d’alberi, con fonte d’Iside da un lato e dall’altro ingresso praticabile d’acquedotti antichi.
 
 EMILIA con gente armata
 
 EMILIA
 È questo, amici, il luogo ove dovremo
 la vittima svenar. Fra pochi istanti
 Cesare giungerà. Chiusa è l'uscita
 per mio comando, onde non v'è per lui
1710via di fuggir. Voi qui d'intorno occulti
 attendete il mio cenno. Ecco il momento (La gente si dispone)
 sospirato da me. Vorrei... Ma parmi
 ch'altri s'appressi. È questo
 certamente il tiranno. Aita, o dei;
1715se vendicata or sono,
 ogni oltraggio sofferto io vi perdono. (Si nasconde)
 
 SCENA VI
 
 CESARE e detta
 
 CESARE
 Ecco d'Iside il fonte. Ai noti segni
 questo il varco sarà. Floro, m'ascolti?
 Floro. Nol veggio più. Sin qui condurmi,
1720poi dileguarsi! Io fui
 troppo incauto in fidarmi. Eh non è questo
 il primo ardir felice. Io di mia sorte
 feci in rischio maggior più certa prova. (Nell’entrare s’incontra in Emilia che esce dagli acquedotti con la sua gente, la quale circonda Cesare)
 EMILIA
 Ma questa volta il suo favor non giova.
 CESARE
1725Emilia!
 EMILIA
                  È giunto il tempo
 delle vendette mie.
 CESARE
                                      Fulvio ha potuto
 ingannarmi così?
 EMILIA
                                   No; dell'inganno
 tutta la gloria è mia. Della sua fede
 giurata a te contro di te mi valsi.
1730Perché impedisse il tuo ritorno al campo,
 a Fulvio io figurai
 d'Utica su le porte i tuoi perigli.
 Per condurti ove sei, Floro io mandai
 con simulato zelo a palesarti
1735questa incognita strada. Or dal mio sdegno,
 se puoi, t'invola.
 CESARE
                                 Un femminil pensiero
 quanto giunge a tentar!
 EMILIA
                                              Forse volevi
 che insensati gli dei sempre i tuoi falli
 soffrissero così? Che sempre il mondo
1740pianger dovesse in servitù dell'empio
 suo barbaro oppressor? Che l'ombra grande
 del tradito Pompeo
 eternamente invendicata errasse?
 Folle! Contro i malvagi,
1745quando più gli assicura,
 allor le sue vendette il ciel matura.
 CESARE
 Alfin che chiedi?
 EMILIA
                                  Il sangue tuo.
 CESARE
                                                             Sì lieve
 non è l'impresa.
 EMILIA
                                 Or lo vedremo. Amici,
 l'usurpator svenate.
 CESARE
1750Prima voi caderete. (Cava la spada)
 
 SCENA VII
 
 CATONE e detti
 
 CATONE
                                        Olà, fermate.
 EMILIA
 (Fato avverso!)
 CATONE
                               Che miro! Allorch'io cerco
 la fuggitiva figlia,
 te in Utica ritrovo in mezzo all'armi!
 Che si vuol? Che si tenta?
 CESARE
1755La morte mia ma con viltà.
 CATONE
                                                    Chi è reo
 di sì basso pensiero?
 CESARE
 Emilia.
 CATONE
                 Emilia!
 EMILIA
                                  È vero;
 io fra noi lo ritenni. In questo loco
 venne per opra mia. Qui voglio all'ombra
1760dell'estinto Pompeo svenar l'indegno.
 Non turbar nel più bello il gran disegno.
 CATONE
 E romana, qual sei,
 speri adoprar con lode
 la greca insidia e l'africana frode?
 EMILIA
1765È virtù quell'inganno
 che dall'indegna soma
 libera d'un tiranno il mondo e Roma.
 CATONE
 Non più; parta ciascuno. (La gente d’Emilia parte)
 EMILIA
                                                E tu difendi
 un ribelle così?
 CATONE
                               Suo difensore
1770son per tua colpa.
 CESARE
                                   (Oh generoso core!) (Ripone la spada)
 EMILIA
 Momento più felice
 pensa che non avrem.
 CATONE
                                           Parti e ti scorda
 l'idea d'un tradimento.
 EMILIA
 Veggo il fato di Roma in ogni evento. (Parte)
 
 SCENA VIII
 
 CESARE e CATONE
 
 CESARE
1775Lascia che un'alma grata
 renda alla tua virtù...
 CATONE
                                         Nulla mi devi.
 Mira se alcun vi resta
 armato a' danni tuoi.
 CESARE
                                         Partì ciascuno. (Guardando attorno)
 CATONE
 D'altre insidie hai sospetto?
 CESARE
                                                      Ove tu sei
1780chi può temerle?
 CATONE
                                  E ben, stringi quel brando;
 risparmi il sangue nostro
 quello di tanti eroi.
 CESARE
 Come!
 CATONE
                Se qui paventi
 di nuovi tradimenti,
1785scegli altro campo e decidiam fra noi.
 CESARE
 Ch'io pugni teco! Ah non fia ver. Saria
 della perdita mia
 più infausta la vittoria.
 CATONE
                                             Eh non vantarmi
 tanto amor, tanto zelo; all'armi, all'armi.
 CESARE
1790A cento schiere in faccia
 si combatta, se vuoi; ma non si vegga
 per qualunque periglio
 contro il padre di Roma armarsi il figlio.
 CATONE
 Eroici sensi e strani
1795a un seduttor delle donzelle in petto.
 Sarebbe mai difetto
 di valor, di coraggio
 quel color di virtù?
 CESARE
                                      Cesare soffre
 di tal dubbio l'oltraggio!
1800Ah se alcun si ritrova
 che ne dubiti ancora, ecco la prova. (Mentre snuda la spada, esce Emilia frettolosa)
 
 SCENA IX
 
 EMILIA e detti
 
 EMILIA
 Siam perduti.
 CATONE
                             Che fu?
 EMILIA
                                              L'armi nemiche
 su le assalite mura
 si veggono apparir. Non basta Arbace
1805a incoraggire i tuoi. Se tardi un punto,
 oggi all'estremo il nostro fato è giunto.
 CATONE
 Di private contese,
 Cesare, non è tempo.
 CESARE
                                         A tuo talento
 parti o t'arresta.
 EMILIA
                                 Ah non tardar; la speme
1810si ripone in te solo.
 CATONE
 Volo al cimento. (Parte)
 CESARE
                                 Alla vittoria io volo. (Parte)
 
 SCENA X
 
 EMILIA
 
 EMILIA
 Chi può nelle sventure
 uguagliarsi con me? Spesso per gli altri
 e parte e fa ritorno
1815la tempesta, la calma e l'ombra e il giorno;
 sol io provo degli astri
 la costanza funesta;
 sempre è notte per me, sempre è tempesta.
 
    Nacqui agli affanni in seno;
1820ognor così penai;
 né vidi un raggio mai
 per me sereno in ciel.
 
    Sempre un dolor non dura;
 ma, quando cangia tempre,
1825sventura da sventura
 si riproduce; e sempre
 la nuova è più crudel. (Parte)
 
 SCENA XI
 
  Gran piazza d’armi dentro le mura di Utica. Parte di dette mura diroccate. Campo di cesariani fuori della città, con padiglioni, tende e macchine militari.
 
 Nell’aprirsi della scena si vede l’attacco sopra le mura. ARBACE al di dentro tenta rispinger FULVIO già inoltrato con parte de’ cesariani dentro le mura, poi CATONE in soccorso d’Arbace, indi CESARE difendendosi da alcuni che l’hanno assalito. I cesariani entrano per le mura. Cesare, Catone, Fulvio ed Arbace si disviano combattendo. Siegue fatto d’armi fra i due eserciti. Fuggono i soldati di Catone rispinti; i cesariani gl’incalzano; e, rimasta la scena vuota, esce di nuovo Catone con ispada rotta in mano
 
 CATONE
 Vinceste, inique stelle! Ecco distrugge
 un punto sol di tante etadi e tante
1830il sudor, la fatica. Ecco soggiace
 di Cesare all'arbitrio il mondo intero.
 Dunque, chi 'l crederia! per lui sudaro
 i Metelli, i Scipioni? Ogni romano
 tanto sangue versò sol per costui?
1835E l'istesso Pompeo pugnò per lui?
 Misera libertà! Patria infelice!
 Ingratissimo figlio! Altro il valore
 non ti lasciò degli avi
 nella terra già doma
1840da soggiogar che il Campidoglio e Roma.
 Ah! Non potrai, tiranno,
 trionfar di Catone. E se non lice
 viver libero ancor, si vegga almeno
 nella fatal ruina
1845spirar con me la libertà latina. (In atto di uccidersi)
 
 SCENA XII
 
 MARZIA da un lato, ARBACE dall’altro e detto
 
 MARZIA
 Padre.
 ARBACE
                Signor.
 MARZIA e ARBACE
                                T'arresta.
 CATONE
                                                    Al guardo mio
 ardisci ancor di presentarti, ingrata?
 ARBACE
 Una misera figlia
 lasciar potresti in servitù sì dura?
 CATONE
1850Ah, questa indegna oscura
 la gloria mia!
 MARZIA
                            Che crudeltà! Deh ascolta
 i prieghi miei.
 CATONE
                              Taci.
 MARZIA
                                          Perdono, o padre; (S’inginocchia)
 caro padre, pietà. Questa, che bagna
 di lagrime il tuo piede, è pur tua figlia.
1855Ah volgi a me le ciglia;
 vedi almen la mia pena;
 guardami una sol volta e poi mi svena.
 ARBACE
 Placati alfine.
 CATONE
                            Or senti.
 Se vuoi che l'ombra mia vada placata
1860al suo fatal soggiorno, eterna fede
 giura ad Arbace; e giura
 all'oppressore indegno
 della patria e del mondo eterno sdegno.
 MARZIA
 (Morir mi sento).
 CATONE
                                   E pensi ancor? Conosco
1865l'animo avverso. Ah da costei lontano
 volo a morir.
 MARZIA
                           No, genitore; ascolta; (S’alza)
 tutto farò. Vuoi che ad Arbace io serbi
 eterna fé? La serberò. Nemica
 di Cesare mi vuoi? Dell'odio mio
1870contro lui t'assicuro.
 CATONE
 Giuralo.
 MARZIA
                   (Oh dio!) Su questa man lo giuro. (Prende la mano di Catone e la bacia)
 ARBACE
 Mi fa pietade.
 CATONE
                             Or vieni
 fra queste braccia e prendi
 gli ultimi amplessi miei, figlia infelice.
1875Son padre alfine e nel momento estremo
 cede ai moti del sangue
 la mia fortezza. Ah non credea lasciarti
 in Africa così!
 MARZIA
                             Questo è dolore. (Piange)
 CATONE
 Non seduca quel pianto il mio valore.
 
1880   Per darvi alcun pegno
 d'affetto, il mio core
 vi lascia uno sdegno,
 vi lascia un amore
 ma degno di voi,
1885ma degno di me.
 
    Io vissi da forte;
 più viver non lice.
 Almen sia la sorte
 ai figli felice,
1890se al padre non è. (Parte)
 
 MARZIA
 Seguiamo i passi suoi.
 ARBACE
                                            Non s'abbandoni
 al suo crudel desio. (Parte)
 MARZIA
 Deh serbatemi, o numi, il padre mio. (Parte)
 
 SCENA XIII
 
 CESARE, portato da’ soldati sopra carro trionfale formato di scudi e d’insegne militari, preceduto dall’esercito vittorioso ed accompagnato da FULVIO
 
 CORO
 
    Già ti cede il mondo intero,
1895o felice vincitor.
 
    Non v'è regno, non v'è impero
 che resista al tuo valor. (Terminato il coro, Cesare scende dal carro, il quale disfacendosi, ciascuno de’ soldati che lo componevano si pone in ordinanza con gli altri)
 
 CESARE
 Il vincere, o compagni,
 non è tutto valor; la sorte ancora
1900ha parte ne' trionfi. Il proprio vanto
 del vincitore è il moderar sé stesso
 né incrudelir su l'inimico oppresso.
 Con mille e mille abbiamo
 il trionfar comune,
1905il perdonar non già. Questa è di Roma
 domestica virtù; se ne rammenti
 oggi ciascun di voi. D'ogni nemico
 risparmiate la vita; e con più cura
 conservate in Catone
1910l'esempio degli eroi
 a me, alla patria, all'universo, a voi.
 FULVIO
 Cesare, non temerne; è già sicura
 la salvezza di lui. Corse il tuo cenno
 per le schiere fedeli.
 
 SCENA ULTIMA
 
 MARZIA, EMILIA e detti
 
 MARZIA
1915Lasciatemi, o crudeli. (Verso la scena)
 Voglio del padre mio
 l'estremo fato accompagnare anch'io.
 FULVIO
 Che fu?
 CESARE
                  Che ascolto!
 MARZIA
                                          Ah quale oggetto! Ingrato! (A Cesare)
 Va', se di sangue hai sete, estinto mira
1920l'infelice Catone. Eccelsi frutti
 del tuo valor son questi. Il men dell'opra
 ti resta ancor. Via, quell'acciaro impugna;
 e in faccia a queste squadre
 la disperata figlia unisci al padre. (Piange)
 CESARE
1925Ma come?... Per qual mano?...
 Si trovi l'uccisor.
 EMILIA
                                  Lo cerchi invano.
 MARZIA
 Volontario morì. Catone oppresso
 rimase, è ver, ma da Catone istesso.
 CESARE
 Roma, chi perdi!
 EMILIA
                                  Roma
1930il suo vindice avrà. Palpita ancora
 la grand'alma di Bruto in qualche petto.
 CESARE
 Emilia, io giuro ai numi...
 EMILIA
                                                  I numi avranno
 cura di vendicarci. Assai lontano
 forse il colpo non è. Per pace altrui
1935l'affretti il cielo; e quella man che meno
 credi infedel, quella ti squarci il seno. (Parte)
 CESARE
 Tu, Marzia, almen rammenta...
 MARZIA
                                                           Io mi rammento
 che son per te d'ogni speranza priva,
 orfana, desolata e fuggitiva.
1940Mi rammento che al padre
 giurai d'odiarti; e, per maggior tormento,
 che un ingrato adorai pur mi rammento. (Parte)
 CESARE
 Quanto perdo in un dì!
 FULVIO
                                             Quando trionfi,
 ogni perdita è lieve.
 CESARE
1945Ah! Se costar mi deve
 i giorni di Catone il serto, il trono,
 ripigliatevi, o numi, il vostro dono. (Getta il lauro)
 
 FINE